Riccardo Guarneri
Biografia
Correnti Artistiche
Analisi di Mercato
Contributi
Riccardo Guarneri nasce a Firenze nel 1933. In gioventù si sente attratto dalla musica e diventa musicista suonando il basso e la chitarra, ma inizia anche a dipingere. Durante una tournée in Olanda, a l’Aia visita una mostra sull'ultimo Rembrandt. Rimane colpito da queste opere nelle quali il fondo scuro viene attraversato da saette di luce e bagliori dorati. Abbandona quindi la musica per dedicarsi completamente alla pittura incominciando ad inserire il tema della luce sulle sue prime opere che sono opere informali. Tiene la sua prima mostra personale a L’Aia nel 1960, ma da subito abbandona l’Informale, che non sentiva come proprio, per concentrare la sua ricerca sul segno minimale e sulla luce, spinto anche, in questa sua ricerca, dalla conoscenza degli artisti dell'Arte Concreta tedesca, Otto Piene, Raimund Girke, Winfred e Barbara Gaul, Winfred Gaul, Hans Jörg Glattfelder tra gli altri. Inoltre la frequentazione di artisti come Claudio Verna, Piero Dorazio, Cy Twombly, per citarne alcuni, spinge Riccardo Guarneri ad esasperare la sua ricerca fino all’essenzialità del gesto costituito da fasce di luce che attraversano il quadro, linee sottili, colori tenui e sfumati. Frequenta l’ambiente genovese dove con un gruppo di artisti, Attilio Carreri, Arnaldo Esposito, Gianni Stirone ed altri, fonda il gruppo “Tempo 3” a significare la fase astratta che seguiva quella classica e quella informale. Partecipa alla Biennale di Venezia del 1966 e a quella di Parigi del 1967. Alla metà degli Anni ’60 si avvicina all’Arte Programmata inserendo nelle opere forme geometriche con angoli acuti e linee curve e dove il colore progressivamente si schiarisce a tal punto che le opere diventano quasi bianche. Questa attività culmina nella partecipazione nel 1971 alla mostra Arte Concreta al Westfälischer Kunstverein di Münster. Nella metà degli Anni ’70 con il suo “quasi bianco” e con le sue forme geometriche entra nel movimento dell’Arte Analitica o Pittura Pittura, corrente che non abbandona più. Partecipa alla Quadriennale di Roma del 1973 e del 1986 e a numerosi concorsi ricevendo numerosi premi, Termoli, Acireale, Praga, Firenze, Capo d’Orlando, etc. Nel 1981 al Palazzo delle Esposizioni di Roma espone nella mostra "Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980" . Questa mostra viene dopo riproposta nel 1997 alla Kunstahalle di Colonia. Nel 2000 realizza il progetto per un mosaico di 24 mq. che si trova nella stazione Lucio Sestio della metropolitana di Roma. Nel 2004 presso la Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze tiene la mostra antologica "ContrappuntOluce". Nel 2007, in seguito al rinnovato interesse per l'Arte Analitica è invitato a Milano al Palazzo della Permanente per la mostra Pittura Analitica Nel 2008 Riccardo Guarneri è tra gli artisti della mostra -Pittura Aniconica- presso la Casa del Mantegna di Mantova. Negli anni successivi vengono organizzate numerose mostre personali sia in Italia che all'estero culminate, nel 2017, con l'invito con una sala personale alla 57ª Biennale di Venezia. Ha insegnato in numerose accademie di Belle Arti: Carrara, Firenze, Venezia, Bari. Sue opere si trovano in numerosi musei sia italiani che stranieri, Firenze, Torino, Parma, Venezia, Münster, Dusseldorf, Guggenheim di New York. Riccardo Guarneri vive e lavora a Firenze.
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Contributi:
Ho lasciato emergere la luce del bianco. Ho voluto che diventasse tutto leggerissimo, trasparente, poco decifrabile. Affascinato dalle chine dei maestri Zen, ho lavorato sui quadri bianchi e, con matite o l’acquerello, che trasfiguravano nella leggerezza e nella sfumatura il loro stesso colore, ho conferito la luminosità che volevo, divenuta poi caratteristica delle mie opere. La luce viene dalle trasparenze, da dentro al quadro, e si proietta nell’esteriorità. Pensavo sempre alla musica….Del resto in lei c’è tutto, c’è la mutazione continua del fare che rinnova sempre ogni cosa. C’è una mutazione con metodo, concetto che ha permeato il mio lavoro. Penso che ci sia la necessità di dare valore non alla ridondanza e alla spettacolarità, alla superficiale sciocchezza, ma a quello che ha un valore profondo, sensibile, che tocca l’interiorità. L’opera d’arte deve impegnarsi a comunicare ogni valore possibile, come la letteratura, la musica
Riccardo Guarneri
Riccardo Guarneri - Pittura Analitica
La Pittura Analitica, altrimenti chiamata Pittura-Pittura, si sviluppò in Italia alla fine degli anni '60 sulla scia di analoghe esperienze francesi e tedesche. La Pittura Analitica si svincola dalla relazione tra l'opera ed un suo significato, evidente (figurativo) o sotteso (concettuale) o espressivo (astrattismo), ma si concentra su una sorta di indagine introspettiva degli elementi intrinsechi che la costituiscono e cioè tela, telaio, colore, segno, e del rapporto tra l'opera ed il suo autore. Cioè, in altre parole, l'Arte Analitica non vuole rappresentare niente, non vuole lanciare messaggi, non scomoda la fisica, è fatta semplicemente di colore e di segni, non ha codici espressivi ma è basata sul rapporto tra il colore, i segni e la sensibilità dell'autore, e quindi si può dire che è un'arte intimistica. L'epicentro di questo movimento fu senz'altro italiano e fu portato avanti da un nutrito gruppo di artisti tra i quali citiamo Claudio Olivieri, Elio Marchegiani, Riccardo Guarneri, Giorgio Griffa, Rodolfo Aricò e Gianfranco Zappettini. Il movimento ebbe risonanza internazionale consacrata dalle mostre presso musei e galleria private europee tra le quali si ricordano Il Museo d'Arte Moderna di Parigi, la Biennale di Venezia, Documenta di Kassel. La spinta che l'Arte Analitica ebbe nell'ambiente artistico sfociò nella Transavanguardia, movimento che portò ad apprezzare nuovamente la pittura.
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Riccardo Guarneri - Analisi di Mercato
Ottobre 2020. Certo che il mercato delle opere di Riccardo Guarneri non è proprio sfavillante attestandosi tra i 3000 e i 15000 euro per opera a secondo della dimensione e della tecnica. Non ha giocato a favore delle quotazioni il lungo sonno dell'Arte Analitica che si è riproposta all'attenzione del pubblico solo di recente. Il percorso espositivo di Guarneri è di tutto rispetto, ha esposto in Italia e all'estero in galleria private e pubbliche, non dimenticando le sue partecipazioni alla Biennale di Venezia già nel 1966, ma questo fino a oggi non ha deposto a favore delle quotazione delle opere. Senza dubbio l'arte di Guarneri non è un'arte per tutti, giocata tutta sulle sfumature coloristiche, per giunta di colori pastello molto tenui, oppure sul bianco leggermente sfumato e intriso di sottili segni quasi impercettibili. Non essendo quindi un'arte di massa di conseguente anche le quotazioni ne risentono.
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Riccardo Guarneri - Contributi
Mi innamorai degli autoritratti dell'ultimo Rembrandt. Niente di più informale. Su gravi fondi scuri come la notte mi apparivano segni balenanti, saette di luce, bagliori dorati. Così cominciai a ispirarmi a Rembrandt nelle mie "brancolanti" tele informali, ancge se nessuno se ne era accorto. Era la luce, erano quei bagliori a interessarmi. Già allora intuivo comke centrale il tema della luce. Riccardo Guarneri, L'Aja 1959
Erano gli anni in cui lo scontro realismo-astrattismo era ancora aspro. I miei interessi erano comunque molto distanti da quelli dell Astrattismo Classico e andavano sempre più orientati verso l'approfondimento della sintesi della pittura stessa, del medium pittorico, annullando qualsiasi rappresentazione intesa come messaggio o come figurazione. Peso del colore, tensione ed equilibrio di linee, questionidi luce e di ombra, dissolvenze del colore-forma nella luce. Riccardo Guarneri, Firenze 1960
La frequentazione degli amici tedeschi (Otto Peine, Peter Bruning, Hans Jörg Glattfelder, Gerard Hoeme, Raimund Girke, Winfred e Barbara Gaul, cioè lo zoccolo duro della della Corrente Concreta tedesca) mi offrì delle conferme, mi suggerì delle vie d'uscita dall'Informale, mi incoraggiò nella ricerca della pittura. Nelle mie tele c'erano già delle proposte nuove di luce e i primi effetti di trasparenza. Poi i miei quadri informali astratti incominciarono a schiarirsi e la ricerca della luce rinnovò in me l'amore per il paesaggio del Nord, quello della Germania, dell'Olanda, della Finlandia, dove la luce è cristallina, senza umidità, senza peso. Riccardo Guarneri, Düsseldorf
Avevo appena finito di appendere i miei quadri (personale a Palazzo del Pretorio) e per caso mi cadde lo sguardo su un particolare, dove avevo scritto a matita il mio nome e il titolo dell'opera. Quel dettaglio improvvisamente mi apparve come la parte più interessabte della tela; mi venne l'idea di sfruttare l'effetto vibrazione della calligrafia. Da quel momento cominciai a inserire varie scritte senza alcun significato. Nessun messaggio, soltanto una combinazione di segni calligrafici, linee tremolanti a formare una texture, non volevo essere né poeta, né filosofo. Riccardo Guarneri, Prato 1962
Ho introdotto sulla tela due linee portanti che impongono ordine. Sono due linee verticali, appena inclinate, una linea in alto che chiude l'orizzonte, una diagonale in basso a sinistra per suggerire equilibrio, equilibrio di pesi, di geometrie. Introduco quindi a grafite l'effetto texture. È il lato poetico della mia pittura, il segno labile, la sfumatura, tutto ciò che secondo me corrisponde alla sensibilità, al tatto. Essa interviene sulla struttura e sull'ordine delle cose. Riccardo Guarneri, Firenze 1962
Mi lasciai conquistare dallo schema geometrico di rombi o quadrati ripetuti in impercettibile asimmetria che si svolge attraverso successioni calcolate attentamente. Si ottiene un effetto di euritmia con l'aiuto dei colori, anzi di luci colorate che vanno a sostituire il vecchio colore timbrico determinando effetti di poesia attraverso il ricorso agli elementi primari di luce e di ritmo dello spazio. Ero consapevole della originalità della mia ricerca sul colore/luce e non conoscevo nessuno che in quegli anni avesse tentato questo tipo ddi pittura. Avevo in mente l'Omaggio al Quadrato di Josef Albers, ma per me Albers era troppo logico, geometrico, io preferivo essere più ambiguo, non avendo la sua fede per la forma pura, venivo dall'esistenzialismo, però amavo i suoi colori, le sue stesure. Riccardo Guarneri Genova 1963
I miei erano quadrati appena sbilenchi, come modificati, poichè intendevo dare l'impressione di un'immagine apparentemente comprensibile, ma subito dopo sfuggente, grazie a una tensione interna, a una serie di impercettibili irregolarità. Era un gioco combinatorio che poteva trovare soluzioni diverse all'infinito, secondo uno schema più o meno programmato. Anche in questi miei quadrati la ricerca della sensibilità era affidata alle sfumature di colori molto chiari. Erano colori puri dati con leggerezza. Un rosso carminio si sgranava fino diventare rosa pallidissimo. In quel modo le sfumature derivavano dal grado di concentrazione e rarefazione dei segni, non dalla pressione della mano, quindi non dal tono. Riccardo Guarneri, Roma 1966
La mia pittura intanto continuava a raffinarsi. Nascevano quadri quasi bianchi, leggibili solo mediante un'osservazione prolungata che provocava un raffinamento percettivo. Mi sarebbe piaciuto chiamarli "quadri a lento consumo", una battuta che avevo forse sentito da Perilli. I colori erano il risultato di trasparenze luminose e mutevoli e si trasfoemavano in colore-luce. I segni si erano modificati e, da individuali e significanti, erano diventati più leggeri, più fitti e regolari, mera decrizione di un impercettibile movimento del polso. Riccardo Guarneri, Firenze 1969
Ancora oggi ritengo che l'affermazione definitiva delle ricerche europee nelle quali mi riconosco sia partita da Geplante Malerei (il movimento concreto tedesco organizzatosi attorno a Klaus Hannef) che rius cì a proporre in nuovi termini il problema della pittura in quanto tale. Nacque conseguentemente in Italia l'etichetta Nuova Pittura. Riccardo Guarneri, Livorno, Bassano, Ferrara 1973
Un senso di insoddisfazione mi prese rispetto al lavoro precedente, i miei quadri mi venivano ormai troppo bene, erano troppo perfetti, sentivo la necessità di una ribellione, maturava in me la necessità di trovare una via d'uscita a tanto, implacabile rigore. Quelle rigorose strutture geometriche , quegli algidi orizzonti, repulsivi di ogni abbandono, di ogni casualità, di qualsiasi possibile "sbaglio" non avrebbero potuto tollerare nemmeno la più pallida macchia lasciata da una goccia d'acqua: un alone incolore avrebbe comunque compromesso la visione e la tensione interna dell'opera.E così accadde che paradossalmente proprio la macchia divenisse la base della mia nuova pittura. Detti un calcio al rigore geometrico, mi abbandonai agli effetti del caso e della macchia, accettai di lasciar prevalere quella che mi pareva l'aspetto "romantico" e "sentimentale" della mia ispirazione. Riccardo Guarneri, Firenze, 1981
Riccardo Guarneri nella sua esperienza pittorica guarda alla luce e al colore come a un binomio perfetto per restituire una superficie leggera, quasi trasparente. Piani che si sovrappongono come fossero carte sottili capaci di definire geometrie luminose, al limite del percettibile.
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