Valerio Adami

Date : 9 Dec 2017 9 Feb 2018

Artists : Valerio Adami

Curator : Ivan Quaroni

Short Review

VALERIO ADAMI

di Ivan Quaroni

“Come ho spesso scritto, ogni mio quadro nasce e prende la sua vita nel disegno, in quel foglio di carta di 36x48 centimetri, il cui formato i miei occhi e la mia mano conoscono e possiedono oramai da tempo, e subito dominano”. Con queste parole, scritte a Parigi nel 2015, Valerio Adami avverte, ancora una volta, il bisogno di rimarcare l’importanza di una pratica su cui ha fondato l’intero corpus della sua opera. Adami si dedica, infatti, al disegno con grande assiduità fin dal 1952 quando, iscritto all’Accademia di Brera, prende a frequentare i corsi di Achille Funi. Sotto il suo magistero, apprende la tecnica e la disciplina quotidiana del disegno e quel procedere “in forma chiusa” da cui deriva il forte senso di rigore e pulizia formali. “Da allora”, ammette Adami, “non c’è stato giorno in cui, gomma e matita alla mano, non abbia inseguito i miei pensieri con il disegno”. Adami inizia, però, a dipingere già qualche mese prima, nello studio di Felice Carena a Venezia, dove conosce Oskar Kokoschka, il grande artista austriaco che in quei giorni espone alla Biennale un suo grande trittico sul mito di Prometeo che lascia una profonda impressione sul giovane artista. In quello stesso anno, Adami visita anche il Salon de Mai a Parigi, dove incontra il poeta Eduard Glissant, grazie al quale entrerà in contatto con Sebastian Matta e Wifredo Lam. Ma è, questo, solo il primo di una serie interminabile di viaggi e d’incontri che forgeranno la sua cultura cosmopolita. Mentre la generazione uscita dalla guerra trova nell’Informale e nell’Astrazione la risposta ai problemi compositivi, gli esordi pittorici di Adami avvengono, piuttosto, sotto l’egida dell’espressionismo. I suoi quadri con i fondi neri degli anni Cinquanta guardano, infatti, a Kokoshka, ma anche a Francis Bacon e Sebastian Matta. Tuttavia, all’artista non interessa la pittura degli stati d’animo e dell’inconscio, ma la ricostruzione dello spazio del quadro e di un nuovo linguaggio figurativo. Già nel 1959, in occasione della mostra personale alla Galleria del Naviglio di Milano, Emilio Tadini nota come, nello sviluppo della sua pittura, l’artista non sia “caduto” nella soluzione tachiste e nell’espressionismo astratto: “Adami si è reso conto che è necessario disintegrare dall’interno la sostanza della vecchia convenzione visiva: e ricostruire una nuova possibilità figurale”. La cultura visiva di Adami, alla fine degli anni Cinquanta, subisce soprattutto l’influsso della lezione di Matta e il suo modo di comporre l’opera, fino al 1958 incentrato sull’analisi del personaggio, secondo Enrico Crispolti “si apre ad una più ampia rete di relazioni: al personaggio subentra il fatto”. Il concetto di “fatto” deriva dal pensiero di Wittgenstein, il quale riteneva che la realtà fosse un insieme strutturato di fatti e che un fatto fosse, a sua volta, una struttura organizzata di cose che non possono essere ulteriormente suddivise in altri elementi. Adami si serve di questo concetto per emancipare lo spazio del quadro dalla linearità della narrazione e dissolvere, dunque, la dimensione temporale in una sorta di simultaneità (com’è dato rilevare nell’olio su tela Senza titolo del 1960). Alla “ricostruzione del quadro”, contribuiscono anche le riflessioni generate dagli ascolti musicali di Adami che, ispirandosi all’approccio formalista della dodecafonia, va maturando la convinzione che la pittura debba fare tabula rasa della psicologia e sostituire gli stati d’animo con i valori plastici. “Il mio tentativo di trovare una trasposizione figurale al linguaggio dodecafonico”, confesserà più tardi, “corrispondeva alla volontà di chiudere nella forma un pensiero sul tragico”. Proprio la ricerca di un nuovo linguaggio lo avrebbe portato, entro qualche anno, a reintrodurre nel quadro il colore e a inserire elementi tipici del fumetto, come la forma dei balloon, le linee a trattini e le parole onomatopeiche. I disegni e le tele dei primi anni Sessanta (tra cui, ad esempio, l’olio Senza titolo del 1963, l’acrilico del 1964 intitolato Polish e le diverse carte eseguite nello stesso periodo) testimoniano come l’artista, pur non essendo un lettore di fumetti, si serva di quei significanti grafici per consolidare le linee di forza delle sue composizioni e accentuarne il carattere sonoro, insieme dissonante ed esplosivo. Il 1963 è l’anno in cui Adami realizza opere come Alice nel paese della Violenza, Invito al Crash e Auto-suggestione, dove emerge una chiara tendenza compositiva alla metamorfosi delle forme. A tal proposito, Alain Jouffroy osserva che “Adami integra, fonde, concilia: vuole legare ciò che è separato, risolvere gli antagonismi, e trovare nella dispersione, la diversità, il dissidio e la discordia, la chiave di una felice comunicazione – un voto di unità con lo spettatore”. Gli anni che intercorrono tra le partecipazioni a Documenta III di Kassel (1964) e alla XLII Biennale di Venezia (1968), sono quelli in cui si precisa il linguaggio pittorico di Adami, sempre più contrassegnato da colori piatti imbrigliati in una trama disegnativa dai contorni marcati, in cui compaiono, quasi ibridandosi, oggetti banali e feticci erotici della società dei consumi, secondo una formula solo apparentemente debitrice delle iconografie del fumetto e della Pop Art. In verità, Adami porta alle estreme conseguenze un iter compositivo in cui l’osservazione esteriore della realtà si fonde con una pletora di associazioni mentali che a quella stessa realtà forniscono una struttura e un ordine interiori. Lo intuisce, più di altri, Carlos Fuentes quando nel testo pubblicato in occasione dell’esposizione dell’artista alla Biennale del 1968 scrive: “[Adami] ha detto a se stesso che tutto quel che usciva fuori era prima entrato dentro, e che tutto quello che entrava era prima uscito; e io che l’ho sentito pensare, gli ho risposto che la differenza stava tutta qui, perché oggi succede che tutto ci viene imposto dall’esterno, mentre fino a poco tempo fa niente aveva importanza se non c’era imposto dall’interno e dunque siamo andati in giro dimidiati, zoppicando da un piede o dall’altro, tra i pieni poteri dell’oggetto o del soggetto, tra il realismo e il solipsismo”. Quel che lo scrittore messicano sembra rilevare, pur non menzionandolo direttamente, è lo scarto tra la procedura della Pop Art, orientata alla descrizione degli epifenomeni della società dei consumi, e l’operazione di Adami, in costante oscillazione tra la dimensione reale e mentale, tra l’osservazione e la “visione”. Il disegno di Adami - come dirà molto più tardi Loredana Parmesani - “oppone all’immagine della pop art, che dal basso della cronaca tenta di innalzarsi alla storia, una cultura alta che sa abbassarsi al colorito del mondo”. Insomma, l’artista bolognese non si sottrae alla responsabilità di esprimere la propria “visione”, di proiettarla sulla realtà, consapevole - come avverte Fuentes - che “niente esiste in sé e tutto è parte di una struttura: di una somma di rapporti”. La sua strategia disegnativa implica un’attività intellettuale, ideativa, in grado di organizzare le associazioni mentali, proiettandole sull’immagine oggettiva, reale. Le due evidenze, quella esteriore e quella interiore, raggiungono una sorta compromesso nel processo formativo del disegno. La progettualità di Adami, infatti, si declina in itere, nel farsi stesso dell’immagine, linea dopo linea, attraverso uno svolgimento erratico che alterna affermazioni e ripensamenti, segni e cancellazioni. “Così è come agisco io”, racconta l’artista, “quando disegno: mi metto di fronte ad un interno con figure, per esempio, e lo penso così com’è. Cioè non lo guardo soltanto: lo penso così com’è. E poi è come se l’immagine facesse un viaggio, dalla sua apparizione attraverso un nuovo spazio. Io divento spettatore e protagonista: nel mio inconscio si muovono allora altre associazioni. La mia mano segue questo percorso privato, organizza questi impulsi dando nuove forme oggettive all’oggettività da cui si era mossa”. Mentre i disegni recano i segni delle cancellature, registrando la natura metamorfica dell’immagine che si va costruendo, i suoi quadri, che pure da quei disegni derivano, come una sorta di riproduzione amplificata, appaiono ben più severi, quasi cristallizzati. Il nitore formale e la rigorosa pulizia compositiva dei Miraggi e dei Toys, si riversa, nella seconda metà degli anni Sessanta, in una pletora d’interni domestici, anonime camere d’albergo, bagni pubblici, scuole di ballo, palestre. Luoghi che a New York Adami archivia in ordinate schede fotografiche. Opere come Studio per un grand hotel (1966), Interno con tappeto (1966) e Déjeuner sur l’herbe (1967) appartengono a questa fase, peraltro caratterizzata da una riflessione sui metodi di scomposizione del cubismo analitico e da un’evidente austerità stilistica. “Chi non ha avvertito”, scrive Jean François Lyotard, “guardando i quadri di Adami da vent’anni a questa parte, la loro severità?”. Quella proverbiale severità formale andrà, in effetti, acuendosi nei lavori successivi. Basti osservare, a titolo esemplificativo, la sequenza dei tre acquarelli in mostra: La scuola di ballo (1970), Tennis (1973) e Chi è la vittima (1973). “Le opere di Adami”, nota, infatti, il filosofo francese, “avevano sempre indurito ciò che mostravano per far rimpiangere una santa dolcezza scomparsa”. L’elemento tragico, già presente nelle solitarie e transitorie intimità delle stanze d’albergo, si estende in seguito anche alla rappresentazione dell’umano. In particolare, alla sequela di ritratti di letterati, filosofi, musicisti, artisti. Benché i primi ritratti siano eseguiti negli anni Sessanta (Henri Matisse che lavora a un quaderno di disegni e Nietzsche), è soprattutto dal decennio successivo che essi diventano ricorrenti nell’opera di Adami, insieme all’inclusione di quegli elementi calligrafici che, secondo José Jimenéz, “operano come riduttori antropologici, come vie d’accesso alla nostra umanità latente”. Ma i ritratti di artisti e pensatori, come pure la presenza di libri e parole, testimoniano il tragico senso di perdita del sentimento naturale, il rimpianto, appunto, della santa dolcezza scomparsa. La natura sopravvive nella cultura e nel pensiero e ha i tratti di una metamorfosi ovidiana in cui il corpo umano, tempio sacro per gli antichi, assume posizioni forzate e innaturali (si vedano, ad esempio, Il violinista del 1985, Studio per In vista della costa del 1995 e We are proud of you del 1997). “Non solo appaiono frammentati e sovrapposti”, spiega Jimenéz, “ma anche in incessante transizione, rendendo visibile il transito che li interessa interiormente: la figura vestita, il nudo, i muscoli sotto la pelle, lo scheletro”. La qualità metamorfica si cristallizza nella rappresentazione simultanea di corpi, oggetti, paesaggi e quadri dentro il quadro, una fusione che tradisce, inevitabilmente, il trascorrere del tempo. Eppure, il rimpianto e la nostalgia per un tempo mitico, anche negli anni a venire, saranno sempre disciplinati e raffreddati nell’esercizio del disegno. Il presunto classicismo di Adami e tutti i riferimenti che costituiscono buona parte della sua Bildung culturale sono, infatti, l’emanazione diretta di un certo modo di concepire il disegno. Un modo che consiste nello sforzo di ordinare i segni, le forme e gli alfabeti sepolti nella memoria e di traghettarli, attraverso una disciplina che è innanzitutto cognitiva, dal caos degli impulsi a una forma logica di rappresentazione. D’altra parte, come afferma perentorio l’artista, “non sta al disegno suscitare emozioni, chi le vuole se le vada a cercare altrove, al cinema o allo stadio, un disegno le raffigura ma poco le provoca”.

Valerio Adami

Works on Exhibition

Valerio Adami - Without title

Without title

Year : 1960

Dimensions : 40x50 cm

Technique : oil on canvas

Authentication : authentication on photo by Valerio Adami

Valerio Adami - New York Stock Exchange

New York Stock Exchange

Year : 1991

Dimensions : cm 130x97

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Cercatori di tesori

Cercatori di tesori

Year : 1994

Dimensions : cm 146x114

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - La falce di luna (studio)

La falce di luna (studio)

Year : anni '90

Dimensions : cm 91,5x73,5

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Fortepiano

Fortepiano

Year : 1997

Dimensions : cm 100x81

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - We are proud of you

We are proud of you

Year : 1997

Dimensions : cm 60x45

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Studio per "In vista della costa"

Studio per "In vista della costa"

Year : 1995

Dimensions : cm 108x142

Technique : acrilico su carta su tavola

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Valerio Adami - Violinista

Violinista

Year : 1985

Dimensions : cm 46x55

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Thorvaldsen

Thorvaldsen

Year : 1985

Dimensions : cm 77x56

Technique : acquarello su carta

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Valerio Adami - Verso il sol levante

Verso il sol levante

Year : 1985

Dimensions : cm 76x57

Technique : acquarello su carta

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Valerio Adami - Tennis

Tennis

Year : 1973

Dimensions : cm 80x60

Technique : acquarello su carta

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Valerio Adami - Chi è la vittima

Chi è la vittima

Year : 1973

Dimensions : cm 77x56

Technique : acquarello su carta

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Valerio Adami - La scuola di ballo

La scuola di ballo

Year : 1970

Dimensions : cm 56x42

Technique : acrilico su carta su tavola

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Valerio Adami - Déjeuner sur l'herbe

Déjeuner sur l'herbe

Year : 1967

Dimensions : cm 73x92

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Interno con tappeto

Interno con tappeto

Year : 1966

Dimensions : cm 92x73

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Studio per un grand hotel

Studio per un grand hotel

Year : 1966

Dimensions : cm 40x40

Technique : acrilico su carta

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Valerio Adami - Polish

Polish

Year : 1964

Dimensions : cm 72x91

Technique : acrilico su tela

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Valerio Adami - Senza titolo

Senza titolo

Year : 1963

Dimensions : cm 52,5x69,5

Technique : matita, acquarello e pastello su carta

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Valerio Adami - senza titolo

senza titolo

Year : 1963

Dimensions : cm 52,5x69

Technique : matita e acquarello su carta

Authentication : autentica di Valerio Adami su foto

Valerio Adami - senza titolo

senza titolo

Year : 1963

Dimensions : cm 52x69

Technique : matita e pastello su carta

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Valerio Adami - Carnet de voyage

Carnet de voyage

Year : 2007

Dimensions : cm 147x198

Technique : acrilico su tela

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